martedì 25 febbraio 2014

Borghi contesta citando Bagnai che però mi da ragione

Mi scuso per l'articolo dedicato ad una questione collaterale che può apparire personale (ma personale non è), però serve per evitare di sporcare il mio articolo sul libretto «bastaeuro» e nel contempo fornire un link comodo.

Dopo la pubblicazione del mio articolo, è arrivato un prevedibile fuoco di sbarramento teso non tanto a stabilire se il contenuto del libretto sia corretto o meno, ma se io fossi un economista, se non mi vergognassi nel difendere della gentaglia che spinge gli italiani al suicidio, ed amenità del genere.

Lascio perdere tutte le bambinate di Borghi e dei suoi seguaci, che vivono su Twitter come fosse la vita reale e lì fanno propaganda attaccando in massa chi solleva almeno un sopracciglio. È capitato ad un economista come Bisin, è capitato in passato anche a me. Fa parte del gioco. E ai bambini piace giocare.

Un certo Borghi, che tempo fa mi bloccò con una scusa (sto ancora cercando di riprendermi da questo avvenimento che ha segnato la mia vita per sempre), risponde così alla massa di segnalazioni che portano alla sua attenzione il mio articolo ed un refuso (avevo scritto "mese" invece di "anno", poi ho conseguentemente corretto):

Borghi che invita a ridermi in faccia, seguace che chiede il permesso di attaccarmi, mia conseguente risposta ironica. Fonte: https://twitter.com/Lupoditoscana/status/438055197441794048
Tra le tante baggianate, il Borghi scrive:
Borghi ordina a tutti i seguaci di mandarmi un link e bloccarmi ("click"). È lui il capo.
Prendiamo comunque in esame la «lezione», tratta dal vangelo blog di Bagnai, che riguarda la condizione di Marshall-Lerner (M-L), l'unico principio economico che ho utilizzato nell'articolo per verificare la solitidà delle argomentazioni contro l'euro.

Riassumo:
  1. Il libretto dice che «[...] se dopo la conversione la nostra moneta si svaluterà nei confronti di altre monete [...] sarà più facile trovare lavoro e l’economia ripartirà»
  2. Io faccio presente che può essere vero nel lungo termine, ma che secondo M-L la cosa non avviene istantaneamente (in Giappone hanno svalutato da oltre un anno e sono ancora lì ad aspettare la ripresa dell'export), e suggerisco questa riformulazione (che però è poco efficace e provoca lancio di pomodori dalla folla desiderosa di sangue):
«però, se tutto va bene e se si faranno le riforme, e se non scivoleremo verso un'economia di tipo sudamericano, dopo un periodo di circa due anni l’economia ripartirà e dopo ancora più tempo potrebbe essere più facile trovare lavoro»
Dopo aver letto l'articolo di Bagnai, tale articolo smentisce la mia osservazione?

NO. LA CONFERMA.

Difatti, tra insulti e dileggi, ed evitando i commenti tra i quali uno che abbocca alla bufala della mortalità infantile in Grecia (sembra di leggere un blog di complottisti scichimisti), Bagnai scrive questa circonlocuzione annacquando la sostanza come fosse antani:
«Nel breve-medio periodo è senz’altro lecito supporre [trad: dice M-L] che i prezzi non compensino le variazioni del cambio, che possono essere rapide ma si trasmettono con ritardi e solo in parte ai prezzi [trad: si esporta meno e importa di più], dal che deriva che le elasticità al cambio reale di fatto ci dicono cosa succede se varia il cambio nominale»
Cioè quello che ho scritto: che nel breve-medio periodo la svalutazione non fa ripartire le esportazioni ma ci vuole un po' di tempo.

Grazie Borghi, grazie Bagnai, grazie ai lettori che hanno trovato Willy.

(LeFou!)

Repubblica inventa l'allarme della morte dei bambini greci

Chiarisco subito a scanso di equivoci: lungi da me affermare che la situazione in Grecia sia idilliaca e che tutto vada benissimo. Qui parlo di altro. Chiaro? Ok, andiamo avanti.

Andrea Tarquini, per La Repubblica, firma un articolo molto duro nella sezione "salute" dal titolo inequivocabile ed allarmante:

Grecia, strage degli innocenti: +43% di mortalità infantile dopo i tagli alla sanità

L'articolo sulla mortalità infantile in Grecia
La fonte è addirittura la prestigiosa rivista The Lancet, definita nell'articolo stesso come «la più autorevole nel mondo».

Il giornalista, dinanzi a questa terribile notizia, ci va giù a testa bassa: la mortalità è aumentata «a seguito dei brutali tagli sulla spesa pubblica», spietata terapia, Angela Merkel, FMI, spese militari, e visto che ci siamo ci infila anche la bufala dell'Islanda che sta meglio perché non ha pagato il debito. La morale è che sono tutti brutti e cattivi perché fanno morire i bambini.

Andiamo a verificare: la fonte è questo breve articolo di The Lancet, dove appunto si analizzano le cifre delle varie mortalità: infantile (meno di dodici mesi), dei bambini (da uno a cinque anni), dei nati morti, e delle madri morte durante il parto. C'è una tabella allegata che riporta i dati esatti presi in considerazione dallo studio.

Ecco le cifre della prima e sesta colonna: i numero assoluto di bambini morti ed il numero di bambini morti ogni 1.000 nascite
Anno | #morti | mortalità
2003 |  420   |  4,02
2004 |  429   |  4,06
2005 |  409   |  3,80
2006 |  415   |  3,70
2007 |  397   |  3,55
2008 |  314   |  2,65
2009 |  371   |  3,15
2010 |  436   |  3,80
2011 |  357   |  3,35
2012 |  293   |  2,92
Ci sono delle oscillazioni, ma non sembra quella che viene definita nel titolo biblico come una «strage degli innocenti». Anche tutti gli altri numeri e grafici indicano che sostanzialmente la situazione non è molto cambiata rispetto a prima.

Inoltre l'articolo si conclude esplicitamente con la frase «although infant and child mortality decreased after 2010 [...]» (traduzione: sebbene la mortalità infantile sia diminuita dopo il 2010...).

Ma allora da dove viene quel 43%?


Provo a dare una spiegazione.

Il giornalista, invece di leggere l'articolo, potrebbe aver preso solo i dati della prima colonna (che non esprime la mortalità, che è il rapporto tra morti e nati ma il numero di morti in assoluto), e solo quelli del 2003 e del 2012 (il primo e l'ultimo) rapportandoli tra di loro. Ha così ottenuto 420/293 = 1,43, ovvero:

420 = 293 + 43%

Il calcolo è assolutamente corretto, ma non dice che nel 2012 sono morti il 43% di bambini in più rispetto al 2003.

Dice il contrario: che i bambini morti nel 2003
erano il 43% in più di quelli del 2012!

Un'altra spiegazione può essere trovata nella colonna della "vera" mortalità. Prendendo solo i dati del 2008 e del 2010 e rapportandoli tra loro, otteniamo 3,80/2,65 = 1,43, ovvero:

3,80 = 2,65 + 43%

Anche qui il calcolo è assolutamente corretto, ma invece di fare come "la rivista più autorevole al mondo", che in un grafico linkato mostra anche l'andamento statistico con una linea blu (vedi figura in basso), l'autore (o la sua fonte) pesca in tutta la serie soltanto i dati che possano esprimere un aumento della mortalità, escludendo tutti i dati che indicano l'esatto opposto.
Estratto dal grafico. Fonte: http://www.childmortality.org/index.php?r=site/graph#ID=GRC_Greece

Chi ha a cuore la sorte dei bambini greci sarà moderatamente soddisfatto nel sapere che (nonostante tutto) nel 2012 è stato raggiunto un tasso di mortalità infantile basso seppure sia leggermente superiore a quello italiano (ma questo avviene da sempre come mostra questo altro grafico comparativo tratto dalla stessa fonte: http://www.childmortality.org/index.php?r=site/compare - poi selezionate a sinistra i dati da confrontare ed i paesi)

Complimenti vivissimi al giornalista ed a Repubblica per la qualità dell'informazione. Your logical fallacy is: the Texas sharpshooter (alias: cherry pick): si pescano i dati che confortano la propria tesi escludendo tutti gli altri.

Si ringrazia la segnalazione del lettore Sergus Sergus.

UPDATE 25/02/2014: corrette le didascalie ed aggiunto il cherry-pick sulla colonna della mortalità, come ipotizzato da http://www.leoniblog.it/2014/02/24/la-troika-e-la-strage-degli-innocenti/ (grazie a Enrico Suillo Mereu per la segnalazione).

(LeFou!) 

domenica 23 febbraio 2014

Bastaeuro - Come uscire dall'incubo: le bufale

Il libretto patacca dei no-euro

Per le elezioni europee di quest'anno, la Lega Nord ha scelto la strada "euroscettica", contraddicendosi clamorosamente rispetto a ciò che sosteneva poco più di un anno fa:
«La Lombardia e il Nord l’euro se lo possono permettere. Io a Milano lo voglio, perché qui siamo in Europa. Il Sud invece è come la Grecia e ha bisogno di un’altra moneta. L’euro non se lo può permettere». Ne è convinto il segretario lombardo della Lega Nord, Matteo Salvini, che oggi ha presentato in piazza Scala a Milano la campagna del Carroccio per i referendum (tra cui uno proprio sulla moneta europea). La proposta era stata già anticipata dal segretario leghista Roberto Maroni nelle scorse settimane, facendo anche riferimento a un articolo del Financial Times che aveva ipotizzato lo scenario del Vecchio Continente diviso in due aree con monete diverse» (fonte: Ansa, 2 ottobre 2012)

Come in quella dichiarazione, quando citava il Financial Timesa suffragio delle sue parole, in questo periodo Matteo Salvini si sta presentando in televisione utilizzando una pezza di appoggio razionale, ovvero brandendo il libro di Alberto Bagnai «Il Tramonto dell'Euro» (del quale ho trattato nell'ultima puntata dei miei live) e raccontando la solita storiella dei «premi Nobel che dicono che l'Euro è una schifezza» (ne parleremo anche qui).

Per accompagnare questo tour e non costringere chi fosse interessato a comprare il suddetto libro o leggersi alcune annate di articoli di Bagnai online comprensive di commenti, il professor Borghi (che appartiene al «cerchio magico» dei #noeuro con Bagnai ed altri) ha firmato un agile libretto di trenta punti dal titolo «Basta Euro - Come uscire dall'incubo» che potete scaricare dal sito bastaeuro.org.

Mi piace pensare che quel raffinato oratore da salotto televisivo non sia il vero autore del libretto. Non credo che nessuno che si autodefinisca anche vagamente «economista» possa scrivere una serie di stupidaggini in maniera così densa.

Tratterò solo alcuni punti, seguendo la numerazione del libercolo e magari integrando e correggendo l'articolo nel tempo. Per una disamina più approfondita, rivolgetevi ad un qualunque altro economista che non appare spesso in televisione.

1) L'Euro è la principale causa della crisi? E perché?


«[...] un’unica moneta per economie diverse non può funzionare, crea disoccupazione, rafforza chi è già forte e indebolisce chi è già in difficoltà.»

Risposta breve:
  • la disoccupazione ed il PIL sono multifattoriali
  • senza euro ci sarebbe un immediato peggioramento
  • per ottenere l'effetto della svalutazione ci sono altri mezzi

Risposta lunga: qui l'autore dimentica che in economia quasi tutti i fenomeni sono multifattoriali, ovvero che non c'è una sola variabile che produce un effetto, ma sono tantissime (molte delle quali magari attualmente sconosciute). Ad esempio, l'inflazione non è data solo dalla svalutazione né solo dalla stampa di moneta, ma da un insieme molto ampio di fattori.

L'autore sembra inoltre dimenticare il principio di "Marshall-Lerner", che dice in effetti che «un deprezzamento reale della valuta comporta un miglioramento della bilancia commerciale di un Paese», ma anche che « ad un deprezzamento della valuta nazionale fa sempre seguito nell'immediato un peggioramento della bilancia commerciale».

Ma se comunque si vuole diventare competitivi sul prezzo (strada perdente nell'epoca degli iPhone che costano dieci volte tanto uno smartphone economico) si può sopperire alla svalutazione monetaria con una svalutazione interna che non consiste, come sostengono molti, nell'abbattimento del potere di acquisto dei salari e dei diritti dei lavoratori, ma ad esempio nella riduzione del cosiddetto cuneo fiscale. In pratica, con il 10% di cuneo fiscale in meno, mediamente il lavoratore guadagna ogni anno € 1.000,00 in busta paga e l'azienda spende € 2.000,00 in meno per ogni lavoratore, rendendo il lavoratore più ricco ed abbassando il costo per l'azienda (fonte: http://www.4trading.it/articoli/32295/quanto-vale-il-taglio-del-cuneo-fiscale).

2) Senza l'euro diventeremmo tutti più ricchi?

Risposta breve: no.

Risposta lunga: qui l'autore avverte che non sarebbe sufficiente uscire dall'euro per diventare ricchi perché servirebbero tante altre riforme, però dice che è una «condizione necessaria ma non sufficiente».

Ma prima abbiamo visto come non sia neanche necessario. Ahi!

3) Se eliminiamo l'Euro usciamo anche dall'Europa?

«[...] se si intende “Unione Europea” probabilmente no: un mercato di 60 milioni di persone è troppo importante per tutti»
«Paesi come la Svizzera o la Norvegia, pur senza avere l’Euro e non facendo parte dell’Unione Europea, non sono certo isolati dal mondo »
«[...] nei periodi in cui il Franco è debole tutti vanno a fare la spesa in Svizzera arricchendo il Canton Ticino e lasciando vuoti i negozi italiani; il contrario accade nei periodi in cui il Franco è forte»
Risposta breve: «probabilmente» per l'autore, non per l'articolo 50 del Trattato sull'Unione Europea, che non prevede l'uscita dall'Euro ma solo dall'Unione Europea.

Risposta lunga: questo punto è molto "politico", quindi non lo affronterò da quel punto di vista. Quello che sembra disonesto è mostrare che paesi come la Svizzera e la Norvegia non soffrano il fatto di stare fuori dall'Unione Europea.

Innanzitutto, dal 6 settembre 2011 il Franco Svizzero è in parità ad 1,20 con l'euro, come conferma l'annuncio della Banca Centrale Svizzera poco prima di quella data e come si evince anche dal grafico qui riportato. Mettere la Svizzera, che da due anni ha una moneta sostanzialmente equivalente all'euro, nel mucchio dei paesi che possono fare a meno dell'Europa e dell'Euro è un autogol.
Cambio Euro/Franco Svizzero (fonte: finanza-mercati.ilsole24ore.com (5 anni)

È inoltre noto che la Svizzera sia molto ricca grazie all'afflusso di capitali (legali ed illegali) dall'estero, tanto che lì non esiste il reato fiscale legato al riciclaggio di denaro "sporco" (e se non esiste quel reato, non è tenuta a fornire informazioni a riguardo, e quindi i conti frutto di illeciti fiscali sono al sicuro). Solo adesso pare sia intenzionata a modificare le leggi per evitare di finire nella black list dei paradisi fiscali, ma se ne parla da anni...
Pare inoltre che questo libretto sia stato scritto prima del recente referendum elvetico contrario alla libera circolazione delle persone, che ha provocato una reazione da parte della UE che ha minacciato di far decadere tutti gli accordi, incluso quello sulla circolazione delle merci (e ovviamente dei capitali).
Insomma: anche se formalmente non è nell'Unione Europea, la Svizzera è uno di quei paesi che, sia come moneta che come accordi internazionali, ha almeno un piede dentro. E gli conviene.

Riguardo la Norvegia, poi, si sa che è ricca grazie al petrolio.

Per chi fosse poi curioso, altre monete mantengono una sostanziale parità con l'Euro, come ad esempio la Corona Danese.

5) Se convertiamo 1 a 1 un euro con la nuova moneta non è che allora non cambierà niente?

«[...] se dopo la conversione la nostra moneta si svaluterà nei confronti di altre monete [...]»
«[...] però sarà più facile trovare lavoro e l’economia ripartirà»
Risposta breve: tutti gli analisti prevedono una svalutazione intorno al 30%. Anzi, è proprio l'obiettivo dell'uscita dall'euro.

Risposta lunga: si scade nel ridicolo. Tutta la manfrina sull'uscita dall'euro si basa proprio sulla svalutazione della moneta, ma quando si tratta di discuterne gli effetti per gli italiani, viene furbamente introdotto quel «se».

Anche qui, poi, l'autore dimentica il suddetto principio di "Marshall-Lerner" che prevede un peggioramento iniziale dell'economia. Quindi la frase economicamente corretta dovrebbe essere:
«però, se tutto va bene e se si faranno le riforme, e se non scivoleremo verso un'economia di tipo sudamericano, dopo un periodo di circa due anni l’economia ripartirà e dopo ancora più tempo potrebbe essere più facile trovare lavoro»

(i grassetti sono le mie aggiunte)

 6) Ci sarà l'inflazione? Dovremo far la spesa con la carriola di banconote che valgono carta straccia?

«l’inflazione non è la svalutazione: in nessuno dei recenti casi di svalutazione in Paesi evoluti è seguita l’iperinflazione»
Risposta breve: quasi vero, ma questo smentisce Borghi.

Risposta lunga: è vero che in generale una svalutazione del 30% non si traduce necessariamente in una inflazione del 30%. Potrebbe essere meno, potrebbe essere di più.

L'autore però smentisce un certo Claudio Borghi che in un video del 23 maggio 2012, intervistato da Claudio Messora, dice (riassumendo e correggendo l'italiano) dal minuto 43:00
«Se io ad un certo punto raddoppio la moneta, non ho creato nessuna ricchezza. Prima per comprare una pesca ci voleva un dollaro, dopo ce ne vogliono due. [...] Questa è l'inflazione. Dall'altra parte, se le grandezze monetarie raddoppiano una nei confronti dell'altra non si cambieranno mai il dollaro per lo stesso numero di euro. A un certo punto ce ne vorranno due per comprarne uno. E questa è la svalutazione
Quindi circa un anno e mezzo fa Borghi spiegava che raddoppiando la moneta circolante si produceva un raddoppio dei prezzi ed un dimezzamento del valore della valuta. Sbagliando (perché svalutazione ed inflazione non sono sinonimi e non vanno necessariamente di pari passo), ma contraddicendo l'autore del libretto (che quindi non può essere lo stesso Borghi).

Per rimanere in tema, al punto 1) del libretto si afferma, senza «se» e senza «ma», che:

«Con l’Euro invece si ha uno strano caso in cui un paese poco competitivo e in difficoltà (come per esempio la Grecia) si ritrova la stessa moneta di un Paese aggressivamente competitivo e in crescita (come la Germania): il “listino prezzi” della Grecia risulterà quindi troppo caro mentre quello dei prodotti tedeschi sarà troppo basso. Il risultato è che in Grecia si muore di fame mentre in Germania si registra il record di esportazioni»
Ma il Borghi del video al minuto 19:18 dice questo:
«La Grecia sta messa malissimo. Diciamolo chiaro: una soluzione indolore purtroppo non c'è perché, al contrario dell'Italia, la Grecia importa tutto. Quindi non è che possiamo dire loro tornano alla Dracma e a un certo punto le loro esportazioni migliorano compensando i disagi. No: si ritrovano lo stesso a dover ricomprare quello che compravano prima e tutto gli va a costare tantissimo» (e poi parla dell'Islanda che avrebbe ripudiato il debito, ma questa è un'altra bufala)
Prima di scrivere cose a nome di Borghi, potrebbero informarsi. O informarlo.

Salto un bel po' di punti, magari integrerò l'articolo. Non vorrei scrivere un libro, in ossequio alla teoria della montagna di m*.

30) Sento dire che molti famosi economisti, compresi alcuni premi Nobel sono contrari all’Euro. È vero? Chi sono?

«È vero, sono almeno 7 i premi Nobel per l’Economia che hanno apertamente criticato l’Europa dell’Euro (Mirrlees, Stiglitz, Sen, Tobin, Krugman, Friedman e Pissarides)»
Risposta breve: criticare l'Europa e/o l'euro non significa suggerire di uscirne.
 
Risposta lunga: la storia dei «premi Nobel che dicono che l'euro è una patacca» è come una di quelle leggende metropolitane che si ingigantisce ad ogni passaparola. Prima erano quattro, poi sono diventati cinque, poi sei poi sette e prevedo che possano raggiungere la decina in qualche altra settimana.

In verità non è proprio così. Facendo sono un esempio "italiano", Stigliz ha anche detto a Milano il 12 Novembre 2013 che per risolvere i problemi dell'area euro serve abbandonare le politiche di austerità, realizzare l'unione bancaria, sfruttare i fondi Bei per finanziare le piccole e medie imprese eccetera, insomma rafforzare le istituzioni dell'Unione Europea ma non critica la moneta unica e non parla di abbandonarla. Anche Krugman in altre occasioni parla di rafforzamento delle istituzioni europee, così come quasi tutti gli economisti del mondo.

Se si prendono solo i dati che ci piacciono, si può dimostrare qualunque cosa, soprattutto in economia.

31) Esistono altrettanti premi Nobel e famosi economisti convinti invece che l’Europa dell’Euro sia perfetta così?

«NO»
Risposta breve: your logical fallacy is strawman

Risposta lunga: mettere a confronto l'affermazione «molti famosi economisti sono contrari all'euro» con «altrettanti famosi economisti sono convinti che l'Europa dell'Euro sia perfetta così» è sinceramente disonesto. Vuol dire dipingere l'argomentazione altrui in maniera distorta per poterla colpire facilmente.

Inoltre quel "NO", molto efficace dal punto di vista della comunicazione, viene smentito un paio di pagine dopo quando viene mostrata questa serie di dichiarazioni sotto il titolo di «Euro-sciocchezze» (sono riprodotte le prime quattro):
A parte Matteo Renzi, vengono riportate alcune dichiarazioni (fuori dal contesto) di:
  • Romano Prodi che è un economista (in ordine di tempo: assistente a Bologna, docente a Trento, visiting professor ad Harvard, ordinario a Bologna, visitor professor a Stanford, docente alla Johns Hopkins University, professore alla Brown University, ha all'attivo numerose pubblicazioni accademiche)
  • Mario Draghi che è un economista (laurea in Economia con 110 e lode alla Sapienza con relatore il Professor Federico Caffè, PhD al MIT con Franco Modigliani e Robert Solow, professore a Trento, Padova, Ca' Foscari di Venezia e Scienze Politiche a Firenze dove diventa professore ordinario di Economia e politica monetaria)
  • Mario Monti che è un economista (laurea in economia alla Bocconi, borsa di studio a Yale allievo di James Tobin, Premio Nobel per l'economia nel 1981, ordinario a Trento, docente a Torino, professore di economia politica alla Bocconi, direttore dell'Istituto di economia politica della Bocconi, direttore del Giornale degli economisti e Annali di economia della Bocconi, rettore della Bocconi e poi Presidente, vanta un modello economico a suo nome: il modello di Klein-Monti)
Quindi SÌ, ci sono ben tre economisti «convinti che l'euro vada bene così com'è»!!!

(in verità non lo dicono neanche perché anche queste frasi, citate fuori dal contesto, sono una bugia ma al fine della dimostrazione è irrilevante)


Come sempre, segnalatemi pure errori o integrazioni da apportare. Chi vuole contribuire può occuparsi di altri punti, sempre in maniera logica ed oggettiva mettendo da parte (per quanto possibile) le opinioni e le preferenze personali e politiche.

(LeFou!)

UPDATE 23/02/2014: corretta l'affermazione per la quale in Svizzera non esisterebbe il reato di evasione fiscale. Ad ora è il reato fiscale connesso al riciclaggio di denaro che non esiste ancora. (grazie a Emilio Motta via Facebook) Aggiunta dichiarazione di Matteo Salvini del 2 ottobre 2012 quando sosteneva chel'euro fosse adatto al Nord.
UPDATE 24/02/2014: aggiunta l'informazione della parità monetaria con l'euro del Franco Svizzero e l'euro (grazie a  Francesco Violi per l'informazione) e della Corona Danese. Aggiunto riferimento all'articolo 50 del trattato sull'Unione Europea. Apportate altre piccole correzioni. Corretto il calcolo e fornita una fonte sulla riduzione del cuneo fiscale (era per anno, non per mese). Nel discorso al Senato, oggi il nuovo presidente del consiglio dei Ministri, Matteo Renzi, ha proposto una riduzione «in doppia cifra», quindi ho approfittato per mostrare il calcolo al 10% (il minimo della doppia cifra).

martedì 4 febbraio 2014

Il Governatore di Bankitalia conferma il contenuto dei miei articoli

Sulla questione del riassetto delle quote di Bankitalia e della loro rivalutazione, ho scritto due articoli (i due precedenti) ed ho tenuto un video live discorsivo per spiegare come stanno le cose e rispondere ad un po' di domande degli spettatori.

In questi giorni sono stato bersagliato da commenti dubbiosi (più che leciti), ed ho ascoltato e letto a parecchia informazione distorta sia in internet che in televisione e sui giornali.

L'ultima in ordine di tempo è stata Giorgia Meloni che poco fa, durante la trasmissione "Piazza Pulita", ha detto più o meno testualmente, che stiamo dando via l'oro della Banca d'Italia e che:
«se noi volessimo tornare alla lira,
saremmo costretti a ricomprarci le quote della Banca d'Italia»
(come se la politica monetaria, da statuto della Banca d'Italia, non fosse espressamente in capo al Governatore di nomina politica e non ai detentori delle quote).

Purtroppo la politica si è impossessata strumentalmente di una questione e l'ha piegata ai suoi voleri propagandistici, trascurando parecchi dati di fatto facilmente verificabili. E così, come accade spesso in questi casi, la gente riceve un rumore ambientale indistinto dove l'unica verità apparente è che le banche sono cattive, e banalità del genere.

Fortunatamente oggi il Governatore della Banca d'Italia, Ignazio Visco, è intervenuto sulla questione, confermando praticamente tutto quello che ho scritto nei miei articoli e smentendo quello che stanno dicendo i politici di ogni versante.
 
È stato diffuso un documento semplificato ma preciso che vi racconto per sommi capi senza affrontare altre considerazioni tecniche che comunque sono interessante.
  1. La Banca d'Italia rimane pubblica.
  2. Non saranno pagati necessariamente 450 milioni di euro di dividendi, come prima non si pagava il limite massimo di 420 bensì 70.
  3. Questa riforma non migliora la valutazione delle banche dell'asset quality review.
  4. La Banca d'Italia non ci rimetterà, e neanche lo Stato.
  5. La Banca d'Italia comprerebbe quote per cederle immediatamente.
Inoltre ha tenuto una conferenza stampa insieme al Direttore Generale Salvatore Rossi per spiegare la cosa.

Durante la conferenza stampa ha inoltre confermato che:
  • La rivalutazione non influirà sugli stress test
  • Le quote oltre il 3% non le deve ricomprare la Banca d'Italia, ma le devono dismettere i partecipanti. Se non lo fanno, avranno un capitale fermo che non produce introiti.
  • Ci sono già centinaia di banche ed istituti di altra natura (con questa riforma possono partecipare anche fondi) che hanno intenzione di acquistare quote, quindi presumibilmente l'operazione sarà di compravendita e non solo di acquisto.
  • L'oro non c'entra un fico secco (capito, onorevole Meloni?)
Se volete una trattazione più approfondita, vi segnalo questo articolo (ed il seguente) del blog Econoliberal.

Il primo punto che non collima con quanto ho riportato nei miei articoli è il fatto che «la “Legge sul risparmio” del 2005 prevedesse, tra l’altro, il passaggio del capitale sociale della Banca allo Stato». Questa è un'opinione diffusa ma non mi risulta.

La cosiddetta Legge sul risparmio nell'articolo 19 comma 10 recita:
«Con regolamento da adottare ai sensi dell’articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, è ridefinito l’assetto proprietario della Banca d’Italia, e sono disciplinate le modalità di trasferimento, entro tre anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, delle quote di partecipazione al capitale della Banca d’Italia in possesso di soggetti diversi dallo Stato o da altri enti pubblici.»
Si parla di un generico trasferimento di quote, non del fatto che la Banca d'Italia dovesse appropriarsene o di un qualche «passaggio del capitale sociale della Banca allo Stato». Per fare un esempio, anche la legge appena approvata prevede un «trasferimento, entro tre anni, delle quote di partecipazione al capitale della Banca d'Italia in possesso di soggetti diversi dallo Stato o da altri enti pubblici».

Il secondo punto è invece la valutazione sulla questione del «credito facilitato» (il cavallo di battaglia del PD). Visco ha detto (ma non ha scritto) che  le banche con questa operazione avranno «un incentivo a fare credito» ma che vogliono «essere poco dirigisti». La mia riserva su questo punto, dunque, rimane.

Approfitto però per una breve spiegazione.

Al contrario di quello che si sente nei bar, la Banca d'Italia e/o lo Stato non possono costringere una banca commerciale a concedere prestiti. La Banca risponde ai suoi azionisti (e spesso alle fondazioni politiche, ok) ed opera nel libero mercato, per cui presta soldi per sperare di riaverli magari con gli interessi. Quindi, o garantisce e paga per tutti (e allora anche io sono capace a fare la banca), oppure la Banca deve arrangiarsi.

È chiaro che quindi la decisione di concedere un prestito è subordinato soprattutto alla valutazione del rischio («li rivedrò quei soldi?») e non tanto alla quantità di moneta o di asset (che sono una cosa bella, ma fino ad un certo punto).

In pratica: una banca commerciale non presta soldi perché ne ha abbastanza da prestare o perché è abbastanza solida per farlo, ma soprattutto perché è ragionevolmente sicura di riavere i soldi con gli interessi. E questo, mi spiace per i cittadini e le aziende, la Banca d'Italia non può assicurarlo con la rivalutazione delle quote.

(LeFou!)

UPDATE 04/02/2014 precisata la questione della legge sul risparmio del 2005.

domenica 2 febbraio 2014

Altre balle (anche del PD) sulla Banca d'Italia

Nonostante tutti abbiano potuto comodamente prendere visione della legge sulla rivalutazione delle quote della Banca d'Italia, la disinformazione sull'argomento è ancora ampia.
Tanto per non essere tacciato (come spesso capita) di parzialità e/o difesa di una parte politica e/o attacco solo ad una parte politica e/o di difesa delle bbanghe, lo dirò chiaramente:

la disinformazione viene non solo da parte di chi sta protestando in maniera veemente ma anche da parte di chi questo provvedimento l'ha pensato e sostenuto!

Tratterò le questioni in maniera molto sintetica. Per i dettagli, consultate il precedente post sull'argomento.

Il sistema bancario avrà più soldi da prestare ad imprese e cittadini!

No, per tre ragioni.
  1. Le banche che rivalutano le proprie quote (capital gain) pagano il 12% sulla rivalutazione in base a quanto prevede la Legge di Stabilità 2014 (Art. 1 comma 91). Questa è una stima minima, perché a queste tasse vanno aggiunte sicuramente altre tasse provocate dall'aumento di capitale (che però non sono stato in grado di verificare, serve un fiscalista di un certo livello). Inoltre quest'anno l'anticipo fiscale è del 130%, quindi non solo non avranno liquidità in più, ma ne perderanno parecchia sotto forma di imposte.
  2. La legge prevede che la Banca d'Italia possa riacquistare temporaneamente le quote che superano il 3% del capitale possedute dalle banche. In questo modo si girano soldi della riserva ad alcuni soggetti (Banca Intesa, Unicredit e Assicurazioni Generali in testa) che quindi avranno più liquidità al momento della cessione, ma ci saranno (molte) altre banche che acquisteranno le quote e quindi perderanno altrettanta liquidità. Dunque il sistema bancario nel suo complesso manterrà la stessa liquidità. Inoltre l'operazione sarà effettuata nell'arco dei prossimi tre anni: come misura urgente per aumentare la liquidità non sembra proprio il massimo...
  3. La legge prevede che saranno concessi ai detentori di quote dei dividendi fino al 6% del capitale di 7,5 miliardi. Finora il limite era del 4% sulle riserve (che però sono molto superiori) ed è stato concesso lo 0,5% corrispondente a 70 milioni, per cui si prevede che analogamente saranno concesse rendite dell'1% che corrisponderanno a 75 milioni (in totale tra tutti i detentori di quote). Inoltre chi ha quote superiori al 3% non godrà dei dividendi relativi alla quota in eccesso, dividendi che andranno allo Stato.
    Ma ipotizziamo, in linea puramente teorica, che possa essere concesso il 6% del capitale = € 450 milioni. Siccome ogni istituto può godere al massimo del 3% di tale somma, si parla di 13,5 milioni (al massimo) per ogni istituto. Briciole.

Le banche italiane avranno un aiuto per superare i prossimi stress-test della BCE!

No.
L'EBA in una FAQ esplicita che questo NON è possibile.
«What is the sample for the 2014 EU-wide stress test?
The 2014 EU-wide stress test exercise will be carried out on a sample of banks covering at least 50% of the national banking sectors in each EU Member State, as expressed in terms of total consolidated assets as of end of 2013. It will include 124 EU banks from 22 EU Member States.»
Le rivalutazioni riguardano il 2014, quindi non saranno considerate nello stress-test.

Lo stato guadagnerà 1,5 miliardi di imposte!

Il mio giudizio su questo punto è sospeso. elenco alcuni elemento contro ed a favore.
CONTRO: L'imposta sul capital gain (la rivalutazione) è del 12% in base a quanto previsto dall'ultima Legge di Stabilità (Art. 1 comma 91).
In base a questo, e dato che il valore nominale delle quote prima era irrisorio (€ 156.000) alcuni calcolano erroneamente il 20% su 7,5 miliardi = 1,5 miliardi.
Applicando l'aliquota corretta del 12% si ottiengono solo € 900 milioni, ma non è neanche così.
Come ho ricordato nell'articolo precedente, gli istituti di credito nel 2001/2002 avevano già rivalutato le proprie quote e quindi avevano già pagato le imposte su quella prima rivalutazione.
Il calcolo preciso di quanto incasserà adesso lo Stato è un po' complesso da fare per noi comuni mortali perché bisogna verificare quanto ogni singola banca ha rivalutato le proprie quote, ma sicuramente non sarà di € 900 milioni.
Anzi, alcuni istituti hanno rivalutato le proprie quote più di quanto sia il loro valore attuale, per cui vanteranno un credito fiscale!
A FAVORE: A questa stima vanno aggiunte altre tasse basate sull'aumento di capitale (che però come ho scritto sopra non sono in grado di verificare).

Come sempre, segnalatemi eventuali imprecisioni o integrazioni a quanto esposto.

(LeFou!)

UPDATE 03/02/2014 aggiunto riferimento alla Legge di Stabilità 2014 e corretta l'aliquota dal 20% al 12%.